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L’importanza dell’educazione nell’età prescolare

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L’importanza dell’educazione nell’età prescolare

Incredibile, ma vero. Il gruppo di scolaretti della Scuola della Gioia, sta reggendo alquanto bene. Nel 2009, quando è iniziato il programma educativo per i bambini della Smokey Mountain, la montagna fumante delle immondizie, già dopo nemmeno due mesi, si era dimezzato. La causa? Non una sola, ma quella principale, l’inefficenza dei genitori a capire quanto sia importante l’educazione fin dall’età prescolare. Sin da questa tenerissima età, per questo tipo di genitori, è meglio mandarli a “lavorare” nella cernita di materiale riciclabile, per poter guadagnare qualche pesos per poter mangiare.

È comprensibile il loro atteggiamento, fino ad un certo punto. D’altronde, questi papà, queste mamme, non sempre per colpa loro, già quando loro stessi erano studenti, non sono riusciti nemmeno a terminare la scuola elementare. E sempre a causa della miseria e della povertà in cui sono nati. Beh! Un po’ alla volta, parlando loro dell’importanza dello studio, si riesce a creare una mentalità nuova per loro, pure nella prospettiva che in futuro, con la riuscita dei loro figli a scuola, con in mano un diploma, possono beneficiare, dopo tanti sacrifici, sofferenze, fame ecc. Così, siamo già alla fine del primo quadrimestre e il gruppo, come ho accennato, si trova quasi del tutto compatto. Già un bel gruppetto di mamme sono entusiaste di poter collaborare per il buon andamento della scuola.

Basti pensare che hanno partecipato con fervore all’uscita di una giornata meravigliosa a Talithà Kumì, a 80 chilometri fuori Tondo-Manila (una specie di inferno) in un ambiente che sa di “paradiso”, senza un filo di inquinamento, aria pura, fresco, acqua bevibilissima, cibo sano, organico, coronato dalla pizza “italiana” prodotta in loco da noi e dal gelato italiano. I bambini hanno avuto il loro programma per riempire bene la giornata. Momenti di preghiera, nella quale si sono ricordati i benefattori e gli “adottanti” di Una mano per i bambini Onlus, promotrice della vita della Scuola della Gioia, di gioco educativo, nel dopo pranzo la siesta nella Green House, ossia la serra che fa cappella con il suo bell’altare proveniente da una radice di un plurisecolare albero di mogano, acquistato da una signora della tribù degli Ifugao del lontano nord delle Filippine.

Nel programma si è attuato un bel numero folcloristico della tradizione Filippina. Tutti I bambini hanno indossato il costume degli Igoroto, danzando e cantando… meravigliosi e simpatici, anche se, data l’età, qualche volta andavano fuori onda. Hanno effettuato, sotto la guida delle maestre Marlita e Rica, un piccolo tour nel comprensorio del nostro orto, dove hanno imparato i nomi di vari vegetali: melanzane, pomodori, insalata, cavoli, verze, rucola, peperoncino, zucche, tegoline, perfino i finocchi. Sì, i finocchi, sconosciuti nelle Filippine. Sedano, prezzemolo, salvia, origano, peperoni, ocra, banane, papaya, frutto della passione. Robe da mettere su un mercatino frutticolo.

La prossima volta, ogni mese praticamente, i nostri tre contadini insegneranno loro come piantare e seminare, spiegando loro i tempi, le fasi lunari. Nessuno si è fatto male, nessuno si è sentito male, nessuno si è lamentato di essere stato lontano dalla loro fatiscente casetta o baracca, senza luce e senza acqua. Purtroppo abbiamo una nota dolente, per capire come si vive in un contesto di povertà e miseria. Per la terza volta, qualcuno o più di qualcuno, ha tentato di entrare nella scuola, forzando le serrature e addirittura danneggiando il vetro a fianco dell’entrata della classe. C’è una frase molto significatica che dice: “Tra poveri ci si aiuta”. Nella maggioranza dei casi è vero. Ma possiamo dire che pure “tra poveri si ruba”. Che poi, nella Scuola della Gioia, cosa c’è da rubare? Di prezioso, se possiamo dire così, c’è il condizionatore e un televisore che potrebbe, oggi come oggi, far parte di un museo. Speriamo bene, che anche sotto questo aspetto, qualcosa cambi in meglio, portando rispetto, soprattutto per questi bambini e per le loro povere famiglie.

Padre Giovanni Gentilin

 

 

 

 

 

 

 

 

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